lunedì 13 settembre 2010

Troie

Il fucile (ii)
Gian Piero Travini

Giorgio Clelio Stracquadanio, deputato PDL direttore della rivista on-line Il Predellino, stuzzicato da Klaus Davi, fornisce questo nuovo corollario all'intervento dell'onorevole Angela Napoli a proposito dei criteri di selezione delle onorevoli in quota PDL: «Se anche una deputata o un deputato facessero coming out e ammettessero di essersi venduti per fare carriera o per un posto in lista, non sarebbe una ragione sufficiente per lasciare la Camera o il Senato».
E scatta il panico liberal-chic e del bel pensiero, deprecando l'uscita "infelice" del fedelissimo berlusconiano, scindendo ancora una volta il Paese tra puttanieri e morigerati. Ora, come al solito, qualcosa non mi torna.
Di cosa stiamo parlando?
Stiamo parlando di pompini? Di dar via «un gaio cesto d'amore ch'amor non è mai», per non parlar della virtù posteriore, dato che il direttore insinua il sospetto che la "meritocrazia del lavoro di bocca" sia unisex? Stiamo parlando di prostituzione politica? Bene: parliamo di figa, quindi, e contemporaneamente parliamo di politica… Bizzarro, ma anche De Andrè e Paolo Villaggio lo avevano previsto in Carlo Martello: dunque m'adeguo.
on. Giorgio Stracquadanio, direttore de Il Predellino
Fonte: stopthecensure.blogspot.com
Quello che Stracquadanio dice è senza dubbio lo specchio di una realtà per ora imprescindibile. I parlamentari devono necessariamente rendere conto al partito dei ruolo comportamenti, compresi quelli tenuti durante e dopo la stesura del "contratto" che hanno siglato nel momento in cui sono stati inclusi nelle liste elettorali. Ovviamente non parliamo di un atto notarile vincolante, ma senza dubbio, se hanno da rendere conto, devono farlo al partito che fornisce loro una certa somma di preferenze incassate nel momento delle elezioni. Questo passaggio è fondamentale: il popolo elegge il partito che esprime una determinata lista elettorale, redatta secondo criteri interni al partito stesso. Il mandato popolar-parlamentare non è diretto. Dunque non è agli elettori cui l'eletto debba render conto nell'eventualità che abbia ingoiato cazzi (politicamente parlando o meno) e, spiace dirlo, nemmeno al resto del Parlamento. Che sia "meritocrazia del lavoro", "meritocrazia del lavoro di bocca" o scambio clientelare, non è di competenza di nessuno oltre che del partito stesso valutare provvedimenti. E, anche lì, non esiste regolamentazione realmente ferrea in questo. Non a caso vengono eletti parlamentari da partiti nonostante non abbiano la tessera di questi partiti. Si sperava che dopo la Prima Repubblica il concetto di "clientelismo" venisse abbattuto, e con l'avvento di Berlusconi, "cliente" di se stesso, pareva che qualcosa fosse veramente cambiato. Il porcellum ha stravolto tutto. Ma qui ci stiamo allontanando dalla figa, e non voglio che dobbiate ricorrere al viagra per tornare ad eccitarvi. Da buon fluffer quale sono, quello è compito mio.
Il problema sollevato da Angela Napoli non è una novità. Il primo grande distinguo all'interno del PDL avvenne quando una delle voci più indipendenti di FareFuturo, quella di Sofia Ventura, si alzò per denunciare i bizzarri criteri di scelta delle candidate nelle liste elettorali del partito alla vigilia delle elezioni europee. Ma, al di là delle facili strumentalizzazioni anti-berlusconiane, seguenti a quello che a distanza di tempo possiamo definire "momento zero" dello smarcamento finiano, non è stata colta l'opportunità che la speculazione di Sofia Ventura poteva fornire: quella della ripresa del dibattito, in tempi non sospetti, sull'introduzione dell'uninominale.
Perché le Finocchiaro di turno possono fare la voce grossa, ma senza elezione diretta dei rappresentanti, non c'è possibilità di domandar conto a chiunque degli eletti del suo operato. Che sia cinquanta per la bocca e cento per l'amore o qualsiasi altra prassi d'entrata nelle liste elettorali. «È una schifezza» è la stigmatizzazione ferocissima e piccatissima della capogruppo del PD, cui fanno eco altri a breve distanza. È troppo chiedere che, dopo un divertissment voyeuristico, si torni a parlare di politica?
Ma ancora qualcosa non funziona.
Seguo con attenzione il lavoro dell'onorevole Napoli, in prima linea da sempre contro la "cappa grigia" delle mafie silenziose e della ‘ndrangheta. Una delle poche persone che a livello nazionale sembra ricordarsi della notevole arretratezza calabrese a proposito di lotta alla criminalità e del pericolo che un simile calderone potrebbe rappresentare.
Un vero mastino dell'Antimafia, se mi è concesso, incappata però nel giochino di auto-destabilizzazione di una maggioranza labile, nelle logiche del gruppo di finiani cui ha aderito che, a loro modo e con ragioni eticamente più interessanti, scimmiottano le campagne di bombardamento di comunicazione obliqua del Sultano.
on. Angela Napoli, deputata di Futuro e
Libertà per l'Italia
Fonte: angelanapoli.blogspot.com
Se la mia retorica fosse quella del cane censore, ora farei notare che Angela Napoli è entrata in quota PDL in Parlamento per la sua quinta Legislatura ben sapendo chi sarebbero state le sue compagne di lista. Eppure non sollevò scandali, all'epoca. Un po' come il passante che vede il cliente far salire in macchina la mignotta e fa finta di non vedere. Come mai se ne ricorda solo ora? Questo se volessi giocare al rimpiattino del "silenzio assenso". Ma, egualmente, do atto all'onorevole Napoli di non essere stata mai iscritta al PDL e, anzi, di aver dato immediatamente voce al suo disagio all'interno del partito non partecipando alle elezioni Regionali del 2010, in perfetta linea con l'attenzione che voleva sollevare sulla situazione tragica della criminalità in Calabria. Inascoltata.
Ma quando si parla di figa, l'attenzione di tutti s'accende. Probabilmente l'onorevole doveva buttarla sul pecoreccio a marzo, quando ben che era da ascoltare, comprendere e portare alla ribalta. E mi riprometto di proporle un spazio, all'interno di questo blog, se volesse raccontarci le storie importanti della realtà calabrese.
Non sto a fare un processo alle intenzioni. E non voglio dedicare parole alle banalità su cui si sta ciacolando, ma voglio rilanciare ora un dibattito per nobilitare la pochezza delle righe che vanno in stampa in questi giorni: la prostituzione fisica fa più paura della prostituzione intellettuale? Allora si torni all'uninominale e si studino criteri di controllo sulle commissioni di selezione degli eletti. E chiudiamo queste storie di merito o non merito.
Ma, fra tutti quelli che si sono espressi, qualcuno ha perso una buona occasione non tanto per tacere, quanto per parlare. La "politica del cancro" è anche questo: fermarsi alla sterilità del commento ad effetto e non compiere ricerca per elevare l'argomento cui si sta tendendo.
In questo caso, prendo il direttore di Generazione Italia, Gianmario Mariniello, che commenta con alacre sapidità e buon sarcasmo l'intervento del direttore de Il Predellino: «Ci verrebbe da riprendere il grande Corrado Guzzanti e il suo famoso sketch, quello de "siamo nella Casa della Libertà e facciamo un po' come cazzo ci pare". Ma visto che potrebbero accusarci di flirtare con il "compagno" (ma simpaticissimo... ) Guzzanti e visto che siamo in una fase di difficoltà economiche, ci limitiamo al liberalissimo "basta che paghino le tasse».
Invece di "limitarsi", Mariniello dovrebbe usare meno l'aggettivo "liberalissimo" e provare a trasformare il fango sterile in oro della discussione, dato che ne ha i mezzi e l'opportunità politica. Magari ricordandosi che lui la tessera di quel partito che elegge troie ce l'ha ancora. E, questa volta, lo dico molto tranquillamente, pare anche lui uno dei famosi passanti che non vedono fino a quando si ricordano di aver visto.
A loro, preferibile il prete che di notte porta alle prostitute il the caldo e i preservativi.
Non cambierà le cose, ma almeno non specula.
BANG!!!

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