domenica 12 settembre 2010

Il cancro di Cassandra

Il fucile (i)

Gian Piero Travini

Eugenio Scalfari, dalle colonne di Repubblica (potete leggere l'intero editoriale 
qui), pone alcune cruciali questioni sulla situazione del governo italiano, che lui furbescamente definisce un «teatro di pupi», quando in realtà è difficile pensare che ci sia veramente qualcuno che li manovra. Difficile ma non impossibile, m'azzarderei ad aggiungere.
Le domande che Scalfari pone sono le seguenti: «Accetterà [Silvio Berlusconi, n.d.G.P.T.] di essere cotto a fuoco a lento per due anni e mezzo? E come reagirà l'opinione pubblica, le categorie sociali più colpite dalla crisi, i giovani, le forze politiche d'opposizione? Come reagirà la Lega che scalpita per incassare l'incremento di voti tolto nel Nord al Pdl?».
E adesso voi direte che darò io le risposte alle domande di Scalfari.
No.
Non ho queste risposte. Non ora che ho appena incominciato l'articolo... Le avrò alla fine dell'articolo, lo garantisco. Ve le darò. Ma, ora come ora, non ne ho la più pallida idea.
Però inizio ad accorgermi di qualcosa.
Non lo sentite, tutto intorno a voi? Non lo sentite il vento del cambiamento?
No. Non lo sentite.
Pierluigi Bersani, alla festa del 
PD di Torino
Fonte: l'Unità
Non lo sentite perché il cambiamento prevede almeno un'alternativa: l'alternativa sono le "cassandre" e i fumogeni. E alle "cassandre" i fumogeni piacciono poco. Non piacciono nemmeno a me, ma per come sono stati lanciati, mi sembrano dannatamente sinceri: e, dietro la sincerità, c'è sempre un velo di importanza. Tolti i fumogeni, perché non è un caso se Cro-Magnon ha battuto Neanderthal imparando a fischiare e non gettando pietre come il cugino meno evoluto, rimangono le "cassandre". Che, instancabilmente, continuano a ventilare cambi di maggioranza, governi tecnici, riforme elettorali e, adesso, anche proposte di carattere elettorale. Coerentemente, il passaggio successivo per sperare che la profezia del cambiamento si avveri è quello di mettere sul piatto le componenti del cambiamento. Pierluigi Bersani, stranamente convinto di essere un leader di partito, chiude la festa del PD a Torino regalando pillole di buon governo: bando di gara per le frequenze liberate dal digitale terreste e, dopo l'incasso, investimento del medesimo sull'istruzione; spostamento dell'aliquota del primo scaglione in maniera che torni più bassa rispetto ai redditi da finanza e da patrimonio, rilancio di «una Maastricht della fedeltà fiscale per metterci in 5 anni nella media europea. Ciò significa 40-50 miliardi di euro con immediato alleggerimento sul carico fiscale di lavoro impresa e famiglia e con un margine di risorse e per investimenti. Con un fisco così si puo fare equità, giustizia e occupazione»... qualsiasi cosa significhi, ovviamente: sospetto si tratti di un testo di Manlio Sgalambro, ma rimane comunque molto criptico. Insomma, Bersani conferma che il PD non solo è un «partito di governo momentaneamente all'opposizione» ma anche che non è «un partito fatto di gente con pantofole, ma presto si accorgeranno che abbiamo scarpe e scarponi»: ora da stabilire chi tra di loro insegnerà ad allacciarsi le stringhe agli altri. Perché dovranno essere nodi tosti se il futuro del principale partito di opposizione è quello del "doppio cerchio", come l'ha definito a Ferrara il 26 agosto proprio il bettolese, ovvero un "nuovo Ulivo" che riassorba tutte le anime del PD che sono sfuggite dal giorno dopo la sua fondazione, inscritto in una "santa alleanza" anti-Berlusconi, a prescindere dall'esistenza o meno di patti elettorali. Due voci fuori dal coro: il candido W. che piagnucola, abbandonato da Fassino, sulla fondamentale importanza del bipolarismo come un bimbo cui tutti dicono che rimpiattino è passato di moda e va meglio farsi di colla; e Fioroni, sempre più solo nella landa desolata della moderazione, spaccando in due anche la corrente della Quarta Fase, dato che Franceschini pare star dalla parte di Bersani. Tace dopo un paio di uscite infelici Democrazia Davvero della Bindi.
In questo scenario, torniamo alla MIA domanda, perché sto ancora pensando alle risposte da dare a Scalfari.
Non lo sentite, tutto intorno a voi? Non lo sentite il vento del cambiamento?
No. Non lo sentite.
Non lo sentite perché non basta dire di essere un'alternativa per essere un'alternativa credibile... Che poi... "credibile"... Basterebbe solo essere un'alternativa e già si sarebbe a metà dell'opera.
L'alternativa è il cancro.
«Avevamo un cancro [Fini e i finiani; n.d.G.P.T.] all'interno che ci avrebbe prima o poi ammazzato politicamente. Saremmo finiti se non avessimo riguadagnato una chiarezza ideale, la forza di vedere il compagno come un amico e non come il nemico, come è stata la nostra vita quotidiana per sei mesi».
La fonte di questa splendida metafora, saggiamente ritirata il giorno dopo, è del senatore pidiellino e professore di Storia dei partiti politici presso la LUISS di Roma Gaetano Quagliariello. Perché se dico solo senatore pidiellino, magari qualcuno pensa che non sappia di cosa sta parlando. Invece lo sa, e molto bene.
Dove sbaglia, però, Quagliariello? Sbaglia nell'istologia.
Un mitocondrio

Fonte: corriere.it
Il cancro è una cellula mutante che ne infesta delle altre e va rimossa. Fini non è un mutante. E' semplicemente un corpuscolo che si è trovato costretto perché in netta minoranza ad entrare nel corpo, per poi uscirne non appena ha trovato di essere abbastanza importante per avanzare richieste. E' un endosimbionte. Come il mitocondrio: secondo la teoria endosimbiontica, il mitocondrio, attualmente corpuscolo cellulare atto alla respirazione della cellula stessa (e a molte altre funzioni), ancestralmente era un batterio dotato di metabolismo ossidativo, inglobato dalle cellule eucariote con reciproca soddisfazione. Fini è come un mitocondrio che decide di uscire dalla cellula. E' entrato nel PDL per diventarne il futuro, e il PDL lo ha accettato per usufruire della base circolare di AN... ora nessuno dei due ha interesse nel continuare la vita simbiontica, poiché i berluscones si sono presi i circoli e Fini non è più il futuro del PDL, e il mitocondrio torna a vivere da solo. La cellula Fini non è mutata perché era già diversa sin dall'inizio. Con un suo DNA. Con i suoi ribosomi (le varie fondazioni)... è natura. E' scienza. Politica.
Ma Quagliariello qualcosa ha intuito. Si parla, in questi tempi confusi, di cancro.
La "politica del cancro".
Il PD e il PDL sono come i due medici messinesi che si menano per decidere della sorte del bambino che sta nascendo. Tornando alla nostra metafora, sono due oncologi che si picchiano per decidere con quale terapia curare il paziente.
Il paziente siamo noi. La "politica del cancro" ci sta uccidendo. Ci sta uccidendo per due ragioni: il PDL focalizza il concetto di "governare" con la "legittimità a governare", compiendosi in sé stesso come il proprio leader. Il PD focalizza il concetto di "governare" con lo "stare all'opposizione" e, tra l'altro, tutti e due partiti sono assolutamente fieri di queste brillanti condotte: poco tempo hanno ancora, poiché a breve si riapriranno i lavori alla Camera. E vedrete che il silenzio tornerà. Perché qualcuno sta governando, ma a questo punto inizio ad aver ben chiare le risposte da dare a Scalfari, quindi bisogna che concluda molto velocemente, altrimenti mi dimentico.
Mentre gli oncologi delle Libertà e le cassandre Democratiche si concentrano sulla "politica del cancro", facendo biopsie o vaticini nelle interiora, guardando comunque ad altri, qualcuno sta governando. E, mentre quel qualcuno sta governando, Gianfranco Fini nel ruolo di Egisto attende di mettersi d'accordo con Francesco Rutelli nel ruolo di Clitemnestra per far fuori Agamennone, il padre padrone del bipolarismo. E le "cassandre" si fregano le mani, non ricordandosi di che fine fa la sciroccata veggente nella tragedia di Eschilo.
La "politica del cancro" è imprevedibile: l'unica speranza è che i dottori si siano sbagliati a diagnosticarcelo e siano loro ad uccidersi a vicenda, con tutta la radioterapia che ci stanno facendo.
Ora, le risposte.
Silvio Berlusconi non si pone il problema di essere cotto a fuoco lento: non è lui a governare dal giorno in cui il suo popolo lo ha tradito. Dal giorno del Duomo volante. E nessuno ha ancora avuto il coraggio di dirlo: l'attacco all'immagine fisica di un leader costruito sull'immagine è la fine del suo regno. E chi sta governando in Italia non si è lasciato scappare l'occasione.
L'opinione pubblica reagirà sbagliando bersaglio, perché è troppo tempo che la politica non si occupa di fare pedagogia. Verranno lanciati fumogeni a Bonanni ma l'opinione pubblica non si interrogherà sul nuovo "patto sociale" di Marchionne e la bella pisciata che si sta tranquillamente facendo sulla tomba datata 1985 dell'unità e dell'efficacia politica sindacale, andando poi a stringere le mani ai ministri dopo essersi sgrullato sulla carta dei diritti operai. Ma nessuno apre bocca, e quindi per ora è legittimato.
E ora, la risposta più importante.
Alla Lega non gliene frega un cazzo.
Ora, indovinate chi sta governando in Italia?
BANG!!!

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