sabato 25 settembre 2010

Piccoli populismi

Il fucile (iv)

di Gian Piero Travini

Grazie a dio è tornato Annozero: mi mancavano le boiate di Castelli.
Volutamente sotto alle righe, l'ex-ministro della Giustizia: evidentemente dal partito gli hanno fatto notare che Borghezio, a La7 qualche sera prima, aveva esaurito il bonus cazzate. No, seriamente... si capisce che è cosciente di essere rappresentante dell'unico partito costituito con «la bussola ben salda», per citare un noto filosofo contemporaneo che si presenta a conferenze stampa con le maniche della camicia arrotolate in autunno.
Quindi, trovando un Castelli insolitamente lucido, mi sono concentrato su Fellatio.
A parte quando si è messo a litigare con la sua ex-compagna di partito Chiara Colosimo, facendosi sfottere persino da Castelli, l'ho trovato molto a suo agio nell'evitare accuratamente di intervenire sul problema sollevato dagli operai dei cantieri navali di Castellammare di Stabia e nell'affrontare, innamoratizzimo, l'annoso problema della casa di Fini e del "dossieraggio" che i parlamentari di Futuro e Libertà attribuiscono a Berlusconi. Fino a che Santoro non ci ha dilettato con un pezzo di ottimo giornalismo, sottoponendo all'onorevole Bocchino un piccolo saggio di onestà intellettuale che, ovviamente, il finiano non è riuscito a cogliere.
Santoro domanda al parlamentare per quale motivo il suo gruppo, a seguito delle accuse, non tolga la fiducia a Berlusconi. La risposta è immediata, scontata, provata e riprovata più e più volte: «Non confondiamo le vicende di cui abbiamo parlato oggi con la fiducia al governo, perché noi siamo vincolati con gli elettori, sul programma di governo, non con Silvio Berlusconi o su quello che lui fa con i suoi giornali».
...
Fermi tutti.
Italo Bocchino, parlamentare di Futuro e Libertà
Fonte: vip.it
Qualcuno spieghi a Bocchino che non siamo dotati di un sistema elettorale basato sul principio uninominale.
Qualcuno spieghi a Bocchino che non c'è l'elezione nominale diretta dei rappresentanti degli elettori al Parlamento.
Qualcuno, per carità di dio, spieghi a Italo Bocchino che il suo mandato non deriva dagli elettori.
Il gruppo parlamentare di Futuro e Libertà non fa capo agli elettori. Non deve nulla a loro. Qualsiasi parlamentare eletto all'interno del partito PDL, come lo furono i "finiani", ha un vincolo con il partito che lo ha inserito nelle liste elettorali. Ovviamente chi vota sono gli elettori, ma non sono gli elettori a decidere le liste elettorali, l'ordine di lista e quindi la conseguente ripartizione dei voti sui vari candidati. Sono i partiti.
Il vincolo di Bocchino, come di tutti i parlamentari eletti nelle liste del PDL, va al PDL. Non agli elettori.
PDL. Non elettori.
Se avesse dichiarato: "Noi siamo vincolati al PDL, quindi se non ci vanno bene gli atteggiamenti di Berlusconi abbiamo tutto il diritto di contestarlo, ma comunque è grazie a lui se scaldiamo le sedie in Parlamento quindi il sostegno gli è dovuto" sarebbe stato probabilmente impopolare ma intellettualmente ineccepibile.
Invece si è gettato nel richiamo ai doveri verso il popolo, strumentalizzandolo.
Si chiama populismo. È quello di cui Futuro e Libertà accusa Berlusconi dal primo giorno di vita.
Ma è anche vero che chi va con Berlusconi impara il berlusconismo.
E Bocchino è un ottimo allievo.
BANG!!!

giovedì 23 settembre 2010

VeltroRama

Il fucile (iii)

di Gian Piero Travini

Modelli di comportamento ricorrenti.
Il "Paradigma di Desio" che il candido W. cuce addosso al PD, all'apice della sua depravazione da profanatore di cadaveri di partito, è solo l'ennesimo falso coupe de teatre cui il leader ci ha abituati da tempo. D'accordo, Desio non è l'Iraq e il candido W. sta a Husayn come "Il Piccolo Principe" sta a "Ragazzi di Vita". Ma, che ci volete fare... è la politica di W. La politica del romanzo di formazione per pre-adolescenti complessati o genitori nostalgici. Gliel'hanno insegnata così, e lui così l'ha imparata. Con un fiore in bocca, una chitarra in mano e solo un tiro di canna perché non vorrei sballarmi troppo. La politica del be-bop dopo che Miles Davis ha già dato alle stampe "Bitches Brew".
È la trama del suo nuovo vecchio libro. Nulla di più e nulla di meno.
Con un'aggiunta, questa volta: la convinzione che deve farsi un poco più figlio di puttana dell'ultima volta. Arbasino: bene ma non benissimo. È il momento di cavar fuori un po' di Ammaniti. Infatti, a Desio, pochi giorni dopo aver annunciato e mostrato il Documento dei 75, dopo aver lanciato violenti, terribili ma, soprattutto, candidi attacchi contro la 'ndragheta con un perentorio: «Chi sa, parli» il candido W. se ne esce con una chicca: «Il documento non è stato fatto per indebolire il partito, ma per rafforzarlo».
Walter Veltroni, ex-segretario del PD
Fonte: 1.bp.blogspot.com
Ma sul serio è convinto che ci crediamo? Ha già fatto un'altra volta questo giochino. Certo, lo fece candidamente, quasi per caso. Tra la fine del 2007 il gennaio del 2008, il candido W. si espresse pesantemente contro Romano Prodi, allora a capo del suo secondo governo, esautorandolo di fatto dalla struttura della sua stessa maggioranza per divenire anzitempo l'unico interlocutore delle opposizioni. Colse l'attimo di crisi del PDL, quando Casini e Fini parevano in rotta d'affrancatura dal premier B., rilanciando un dialogo sulle riforme, a partire da quella elettorale. Tra affermazione del bipolarismo, proposte di riforme elettorali in senso proporzionale uninominale, toni tra Kennedy, Obama e 'Il Garibaldi Innamorato' di Sergio Caputo, il candido W. stava crescendo in clamore e prestigio. Sull'onda di questa epidemia di buona volontà si consumò il divorzio tra Capezzone, sedotto dal lato oscuro del liberalismo, e Pannella, con l'istituzione del Tavolo dei Volentorosi, e altre iniziative squisitamente bipartisan all'insegna di un futuro radioso. La strategia del candido W., ben conscio del totale fallimento governativo dell'Ulivo, era quella di guadagnarsi autonomamente la stima dell'elettorato, che già prometteva una stra-vittoria del centro-destra, allontanandosi dalla contesa interna al Parlamento, impostando una campagna elettorale basata sulla pacatezza ed il rifiuto dell'anti-berlusconismo già imperante e una comunicazione indiretta mediante la sua attività di interlocutore politico anomalo ma attivo. Disgraziatamente per il candido W. venne il tempo di rendersi conto che anche nel mondo dei coniglietti rosa Ciuffa Ciuffa ci sono gli stupri, e a riportarlo alla dura realtà ci ha pensato Clemente Mastella, togliendo la fiducia al governo Prodi II e mandando tutti alle urne, con una vittoria quasi annunciata del PDL che, dopo il discorso del "Predellino" poteva fare a meno di Casini (ma non di Fini). Verosimilmente, il "reuccio di Ceppaloni" poteva essersi accordato con B. per candidature sicure in Campania per ex-quota UDEUR, garantendogli in cambio elezioni il prima possibile. Insomma, politica.  Un discreto siluro per chi, come il candido W., stava ancora disperatamente cercando di farsi conoscere, magari calcando un po' troppo la mano sui paesaggi della Toscana e un po' meno sulle politiche economiche. La storia, poi, sappiamo com'è finita.
Ed ora si ripete. Centro-destra in momento di crisi (presumibilmente più grave dell'ultima volta, poiché crisi "in carica"), posizione debole del segretariato del partito di cui ha la tessera in tasca (segretariato, e non segretario... è da quando esiste il PD che non esiste un segretario), momento in cui il dibattito politico si è brevemente (i liberal-chic adesso hanno altro di cui parlare: troie alla Camera o un nuovo partito da fondare in primis... noi continuiamo) interrogato sulla possibilità di una nuova legge elettorale. E il candido esautora il legittimo rappresentante del segretariato del suo partito. Proprio ora. Come due anni fa. Lo fa con un manifesto in sette articoli dove muove contro tutte le politiche pre-elettorali di Bersani, dall'ipotesi dei "due cerchi" (che poi è una riedizione de l'Unione, il fronte delle sinistre vittorioso nel 2006) a quella del "neocentrismo". Il pensiero espresso è che il "berlusconismo" o l'accanimento contro di esso siano le vere droghe tanto del sistema bipolare: da un lato nega la possibilità di "sante" crociate contro il PDL con larghissime intese che facciano le logiche della quantità, dall'altro continua la sua predica sul bipolarismo. Non ha lo charme di Kennedy, non ha le fighe di Kennedy ma, per dio, vuole avere il sistema partitico di Kennedy.
Dopo aver stigmatizzato per quattro punti il populismo berlusconiano, il candido se ne esce con questa chicca: «[...] riconosca [il PD; n.d.G.P.T.] alla dimensione religiosa piena cittadinanza nel dibattito pubblico e riaffermi il principio di laicità delle istituzioni e che accompagni la crescente sensibilità per le libertà e i diritti civili, con la maturazione di una nuova cultura della responsabilità»... Ora, dirigetevi al più vicino specchio e godetevi la faccia che vedete dopo aver letto questo capolavoro dell'ingegneria retorica della mente moderata. È la politica del cerchiobottismo. Del fatebenefratelli (reparto neurologia, mi auguro).
Due risvolti: come nel 2008 il candido W. cerca di diventare l'unico interlocutore "utile" del PD, rilanciando il dialogo sulle riforme e l'epica lotta di Red contro Toby, anche se il suo bersaglio par Bersani. Ma se W. è Red, chi è Toby?
Ralph Johnson introdusse il concetto di fallacia nella stima campionaria, ovvero una "x" che sembra una "y" ma che in realtà è una "z": applicandola al comportamento veltroniano, si scopre che in realtà il candido W. se la sta prendendo con qualcunaltro. Non con Bersani. Voglio dire, prendersela con Bersani... Alla quarta volta che gli ridi in faccia o hai del pelo sul cuore se vuoi continuare, oppure inizi a limitarti a commentare con un: "Puvrèn". No. Il candido non ce l'ha con Bersani, ma con il "Cuore dell'Impero" dietro a Bersani. Con il suo nemico-amico. D'Alema.
Massimo D'Alema, durante un convegno PD a
Piombino
Foto: Francesco Menicucci
Red e Toby. Kirk e Spock. Noodles e Max. Gilmour e Waters. Una rivalità che continua da lungi. Ancora una volta si mette in dubbio la paternità di quell'aborto spastico che è il PD. Non che cambiando il padre le condizioni migliorino, sia ben chiaro, ma ancora una volta il regolamento interno di conti va a toccare la facciata del vero leader, occultatosi da dodici anni manco fosse l'ultimo imam...
E cosa farà il candido W. se riuscirà a farsi accettare come interlocutore? Riproporrà quasi certamente il Vassallum, un proporzionale con "sbarramento" territoriale (poche circoscrizioni) e principio elettorale uninominale, andando a ristabilire ordine nelle coalizioni minoritarie escluse dal Porcellum e ritornando a creare polverizzazione a sinistra, garantendosi comunque un certo margine di vantaggio rispetto al PDL, rischiando al contempo di far aumentare l'impatto politico della Lega Nord, fortemente avvantaggiata dall'ipotetico modello elettorale quale compagine a fiducia essenzialmente territoriale. Manterrebbe un bipolarismo controllato e limiterebbe il "berlusconismo".
Ma, come nel '98, al candido W. serve tempo. Deve guadagnare la sua immagine. All'epoca veniva dai presunti successi quale sindaco di Roma, ora invece è solo uno che aveva detto di andare in Africa se avesse fallito e poi, per fortuna degli africani che già hanno la fame e l'HIV, è rimasto in Italia a fare l'illuminato per se stesso. Gli serve tempo.
Ma, come nel '98, c'è già un siluro armato per scongiurare una sua vittoria. Il siluro è la sfiducia della Lega al Berlusconi IV e l'uomo maiale che lo pilota ha la "r" moscia e una passione per le calcolatrici.
Certo, in tutto questo, se Di Pietro fosse un politico accorto e una persona intelligente, coglierebbe grossa crisi sia a sinistra che a destra, modererebbe i toni, manderebbe in avanscoperta qualche buon comunicatore e inizierebbe a costruire sin da ora l'impianto politico per sconfiggere Berlusconi, invece che biascicare in cattivo italiano qualcuna delle solite tirate pro-legalità.
Se fosse un politico accorto. E una persona intelligente.
La voglia di "migliorare" il PD di Veltroni sembra una critica a Bersani ma in realtà è una critica a D'Alema.
E, come anche questa volta accade, i veri leader non si fanno cura degli scartini. E continuano a tessere la loro personalissima tela, come instancabili e terribili Penelope. Mietendo una testa dopo l'altra.
Ochetto.
Veltroni.
Prodi.
Rutelli.
Prodi.
Veltroni.
Franceschini.
Bersani.
Veltroni?
BANG!!!